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Leggere e non capire: il disturbo di comprensione del testo scritto

La lettura è un processo complesso che include una combinazione di abilità percettive, psicolinguistiche e cognitive. Le sue componenti principali sono l’accuratezza (fonologica e ortografica) e la fluidità (il tempo impiegato per il completamento della lettura).

L'obiettivo è la comprensione: estrarre e costruire il significato del testo. In una società alfabetizzata, questa facoltà rappresenta un comportamento esclusivo e fondamentale dell'essere umano e un caso particolare di comprensione del linguaggio. Da un punto di vista pratico, comprendere materiali scritti è un'abilità essenziale per avere successo nelle varie attività sociali, come la scuola, il lavoro, lo sport, la politica, la scienza. D’altro canto, le strategie di comprensione rappresentano il fulcro del processo di alfabetizzazione. Lo sviluppo tecnologico, inoltre, ha prodotto dispositivi che interagiscono con l'uomo in modo prevalentemente scritto (ad esempio, PC, palmari, schermi pubblicitari, cellulari, fotocamere etc.). La necessità di utilizzarli in modo efficiente ed efficace implica un'adeguata comprensione dei messaggi che trasmettono. Il progresso della tecnologia ha rappresentato, quindi, uno dei principali propulsori dei modelli di comprensione del testo. La stessa multimedialità nell'apprendimento, nel lavoro e nello svago ha contribuito a indirizzare la ricerca sul versante della comprensione della lettura. Tuttavia, mentre la componente decifrativa della lettura rappresenta un settore molto studiato, sia in ambito psicolinguistico, sia in quello più generale della psicologia cognitiva, la comprensione del testo è un ambito d’indagine relativamente recente, affrontato nelle fasi iniziali dagli studiosi dei processi di apprendimento e di memoria. Negli ultimi anni si assiste, però, a un crescente interesse sull’argomento da parte di ricercatori di differenti discipline. In ambito psicologico ciò ha condotto a un’evoluzione delle ricerche e dei modelli teorici della lettura e, nello specifico, della comprensione. Nonostante l'assenza di una teoria esaustiva e univoca, la comprensione è andata sempre più configurandosi come una costruzione attiva di una rappresentazione mentale del contenuto di un testo. Pur essendo un'attività unitaria, comprende differenti e molteplici sottoabilità che richiedono l'intervento di processi cognitivi e metacognitivi, il cui perfetto funzionamento e sincronizzazione permettono il raggiungimento del risultato finale.

De Beni e Pazzaglia (1995) paragonano il processo di lettura a un compito di problem-solving in cui "...Il lettore si avvale di indizi provenienti dal testo e dalle sue conoscenze per avanzare ipotesi plausibili sul contento di quanto sta leggendo, che verrano confermate dalla lettura del testo seguente". Una raffinata elaborazione delle informazioni permette l'integrazione del contenuto espresso dal testo con il sistema di conoscenze proprio del lettore. La comprensione è, quindi, descritta come un'operazione molto complessa, influenzata dalle caratteristiche del lettore, dalle proprietà del testo e dalle esigenze del compito di lettura. La rilevanza acquisita dall'argomento è dovuta soprattutto all’elevata prevalenza del disturbo di comprensione del testo scritto, riscontrato nel 5-10% dei bambini in età scolare e alla sua cronicità. Come i disturbi specifici dell'apprendimento, deficit in quest’abilità tendono a persistere nel tempo, esprimendosi in modi differenti in base all’età e alle richieste ambientali e con gravi implicazioni sul processo educativo e scolastico. Il disturbo si manifesta in soggetti privi di deficit sensoriali o neurologici, con capacità intellettive nella norma e con un'adeguata istruzione, spesso in comorbidità con altri disturbi (ad esempio, dislessia, disturbo attentivo con iperattività, disturbi mnestici). Di solito, le persone che ne sono affette presentano difficoltà nella rievocazione dei punti principali di una storia, nell’individuazione dei nessi logici, temporali e causali o delle incongruenze interne al testo.

Possono, inoltre, avere problemi nel capire lo scopo della lettura e nel monitoraggio della comprensione. Questi errori possono essere dovuti a deficit nei processi cognitivi di livello inferiore (ad esempio, nei processi fonologici e di decodifica), in quelli di livello superiore (ad esempio, nei processi inferenziali ed esecutivi), in quelli metacognitivi (ad esempio, nella metamemoria) o in più processi. La diagnosi è possibile solo al termine del normale processo d’insegnamento delle abilità di lettura, al termine della seconda primaria. Un’anticipazione eccessiva potrebbe, infatti, aumentare il rischio di falsi positivi. Tuttavia, fattori di rischio (personali e familiari) e indicatori di ritardo di apprendimento consentono un’identificazione tempestiva e l’attuazione di attività e interventi mirati e precoci. Il disturbo di comprensione può tradursi in un abbassamento del livello scolastico conseguito e in una riduzione della realizzazione delle proprie potenzialità sociali, comportando, inoltre, delle difficoltà che si estendono di là dal processo di scolarizzazione, con conseguenze negative sul comportamento del bambino, sulla sua autostima, sul suo percorso lavorativo. Si configura, quindi, come una nuova emergenza sanitaria e educativa, che coinvolge trasversalmente sia i servizi sanitari specialistici sia le istituzioni scolastiche, entrambi sollecitati a fornire risposte adeguate ai bisogni dei soggetti che ne sono affetti.  Tuttavia il disturbo, pur essendo ampiamente diffuso e gravido di conseguenze per il processo di apprendimento, è stato per molto tempo trascurato sia dal processo diagnostico sia dalla ricerca, diventando una diffusa disabilità nascosta. Inoltre, per molti anni ne è stata completamente trascurata la specificità, attribuendolo in molti casi a un problema di decodifica, per la frequente co-esistenza di difficoltà recettive e dislessia. L’adozione di criteri diagnostici "Evidence Based", può contribuire, però, a distinguere il disturbo di comprensione dalle altre difficoltà curriculari aspecifiche, connesse di solito a fattori concernenti il contesto familiare, ambientale e culturale dello studente e dalle difficoltà di apprendimento che sono conseguenza di ritardo mentale o deficit neurologici, sensoriali o motori. In ambito nazionale la Consensus Conference sui disturbi specifici dell'apprendimento, tenutasi a Roma nel 2010, tra i parametri (accuratezza e velocità di lettura, etc.) da utilizzare per la valutazione delle prestazioni di lettura, ortografia/compitazione e calcolo, propone una distinzione tra la dislessia e il disturbo di comprensione del testo, nello specifico

"Si raccomanda, ai fini della diagnosi di dislessia, di non annoverare la comprensione tra i parametri criteriali da considerare, in quanto i soggetti con problemi di comprensione, in presenza di buone capacità di decodifica, non soddisfano i criteri per la dislessia".

Inoltre, negli ultimi venti anni i nuovi paradigmi teorici di stampo cognitivista e i dati emersi in studi scientifici di settore, condotti in ambito nazionale e internazionale, hanno motivato una costante revisione dei criteri diagnostici utilizzati per l'identificazione del disturbo e hanno favorito il riconoscimento di una propria specificità e lo sviluppo di interventi riabilitativi personalizzati e mirati, basati sulle specifiche capacità cognitive e metacognitive del bambino che ne è affetto. Questi programmi hanno prodotto notevoli miglioramenti sia nella consapevolezza cognitiva generale, sia nella comprensione del testo, dimostrandosi utili non solo per i bambini con specifiche difficoltà di comprensione del testo, ma anche per gli studenti con sviluppo tipico (De Beni & Pazzaglia, 1995).

Pazzaglia e Rizzato (2001) hanno distinto tre tipi di programmi per la sviluppo della comprensione del testo:

  • Interventi di tipo cognitivo, finalizzati all’insegnamento di specifiche strategie;
  • Interventi di tipo integrato, finalizzati allo sviluppo di capacità cognitive (utilizzo di strategie) e metacognitive (conoscenze riguardanti il testo e la lettura);
  • Interventi che affiancano allo sviluppo di conoscenze metacognitive, un lavoro sugli aspetti motivazionali e attributivi implicati nell’apprendimento.

Gli interventi precoci e tempestivi di tipo integrato appaiono sempre più spesso in letteratura tra i fattori prognostici positivi. E' importante, pertanto ribadire che, nonostante il disturbo tenda a persistere nel tempo, una diagnosi precoce e un adeguato trattamento possono migliorare sensibilmente la prognosi, riducendo il rischio di cronicizzazione della disabilità, con conseguenze positive sul bambino e sulla sua famiglia.


Dott.ssa Maria Rosita Cecilia
Psicologa Psicoterapeuta Psicosessuologa a Pescina, Pescara e Roma

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