Il modello eziopatogenetico di riferimento è quello elaborato e descritto da Beck (1979), secondo il quale assume un ruolo centrale la triade cognitiva della depressione. Si tratta della visione negativa che il paziente ha di se stesso, delle sue esperienze attuali e del suo futuro. Nello specifico, tale visione negativa costituisce il contenuto tematico cognitivo distintivo del disturbo depressivo. Per quanto riguarda il primo elemento della triade, il paziente vede se stessa come inadeguato e difettoso e proprio per i suoi presunti difetti (psicologici, fisici o morali), tende a sentirsi indesiderabile, inutile, a sottovalutarsi e a criticare ogni cosa che fa, dice, pensa e prova. Il secondo elemento della triade si riferisce al fatto che il paziente interpreta le interazioni con l’ambiente circostante in termini di sconfitte, privazioni o denigrazioni, spesso fraintendendole. Tende a considerare gli attuali problemi come insolubili e le varie situazioni come insopportabili. È particolarmente sensibile a qualunque impedimento alla propria attività diretta ad uno scopo ed è incline a leggere scherno e disprezzo in ciò che le altre persone dicono, anche in semplici osservazioni neutre.
Infine, per quanto riguarda la visione negativa del futuro ovvero il pessimismo, ha la tendenza a prevedere frustrazioni e difficoltà future come prolungamento di quelle attuali, con la previsione che queste continueranno indefinitamente. Non intraprende nulla perché convinto di una sicura sconfitta. Si preoccupa di ipotetici fallimenti e la semplice possibilità che si verifichino equivale già ad una realtà. Secondo il modello proposto da Beck quando il paziente depresso interpreta la realtà compie una serie di errori cognitivi o distorsioni che sono sistematici, specifici e riguardano prevalentemente il dominio personale.
Questi errori secondo Beck sono:
I pensieri automatici negativi, le distorsioni e la costruzione del significato degli eventi in termini di triade cognitiva, costituiscono alcune delle principali manifestazioni sintomatiche della depressione e, come gli altri sintomi, sono prodotti di un particolare substrato cognitivo, costituito dagli schemi depressogeni. Questi schemi si costituiscono prevalentemente durante l'infanzia, nelle relazioni di attaccamento ma possono anche rimanere latenti tutta la vita, rimanendo dei fattori di venerabilità. Tuttavia, eventi stressanti o la mancanza di eventi desiderabili, possono attivarli (Alloy e Abramson 1988).
La loro patogenicità è da rintracciare non solo nel loro contenuto negativo, ma anche nelle loro qualità strutturali, quali la rigidità, l'astrattezza, la complessità, l'alta correlazione tra gli elementi che li costituiscono, la bassa soglia di attivazione. La valutazione della realtà interna ed esterna in termini di perdita, disvalore, incapacità e impotenza, negatività certa del futuro e indisponibilità degli altri, porta ad esperire i sintomi motivazionali, cognitivi, emotivi, comportamentali e fisiologici tipici della depressione. A sua volta, la persona interpreta questi sintomi attraverso gli schemi depressogeni stessi in modo negativo, come prova della propria difettosità, indegnità, negatività del mondo e del futuro, con il risultato di rafforzare le credenze patogene della triade e di sentirsi ancora più depressa. Si crea in questo modo un circolo vizioso che si autoalimenta.
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